Di tanto in tanto mi torna in mente il titolo di un articolo del Corriere della Sera ormai di quasi un anno fa, rimbalzato poi su varie testate, che chiamava direttamente in causa la nostra categoria: “Gli architetti? Nuovi poveri”.
All’epoca ero andata a leggere il rapporto annuale di CNAPPC e Cresme a cui l’articolo faceva riferimento come fonte principale (leggi la versione completa) e non era certo stata una lettura d’eversione.
All’epoca ero andata a leggere il rapporto annuale di CNAPPC e Cresme a cui l’articolo faceva riferimento come fonte principale (leggi la versione completa) e non era certo stata una lettura d’eversione.
Se non li ricordaste, ecco alcuni dati random per gli amanti di numeri e statistiche.
- Quasi 152.400 architetti iscritti agli ordini professionali. Centocinquantaduemilaquattrocento.
- Il 41% sono donne e, a parità d’istruzione, guadagnano in media circa il 60% in meno dei colleghi uomini. Sessanta!
- 17mila euro di reddito medio annuo lordo. Lordo!
- Una difficoltà nel farsi pagare che credo vanti ben poca rivalità fra gli altri professionisti.
- Crollo delle immatricolazioni ai corsi di laurea (e questo, forse, è un bene).
- Ad un anno dal titolo, un tasso di disoccupazione del 28,7%.
- A 5 anni dal titolo, il 62% degli architetti apre la Partita Iva, ma la metà collabora in forma esclusiva con un unico committente.
Nel relativo comunicato stampa firmato dal Consiglio Nazionale degli Architetti si dice che siamo alle “soglie della povertà” e che “rischiamo di non sopravvivere alla crisi” e si chiede un “segnale da parte dello Stato”.
Nell’attesa di questa mano che dovrebbe magicamente scendere dall’alto, è impossibile non farsi cogliere da una certa inquietudine.
Nell’attesa di questa mano che dovrebbe magicamente scendere dall’alto, è impossibile non farsi cogliere da una certa inquietudine.
Forse perché pensare che la nostra figura professionale possa non sopravvivere alla crisi mi ha fatta sentire un po’ come un dodo, inetta alla sopravvivenza sul mercato e prossima all’estinzione.
Mi sono rivolta alla rete per capire come la vivessero i miei colleghi da un capo all’altro d’Italia. Ho cercato una pagina, un forum, una community, in cui se ne potesse discutere in modo più agevole che non nei commenti a fondo pagina di un articolo che il giorno dopo sarebbe già stato vecchio.
È probabile che io non abbia cercato abbastanza, ma non ho trovato nulla. Durante questa ricerca però, per il principio della serendipity, mi sono imbattuta nell’iniziativa che Gizmo ha chiamato #archiworkers: un’indagine rivolta ai collaboratori degli studi di architettura che ha l’obiettivo di far luce sulla loro condizione lavorativa.
Un’altra indagine? Beh, sì, ma un po’ diversa: intanto non è svolta da un organo istituzionale. E poi mira a far luce su come lavorano gli architetti all’interno di studi e società. Interessante, no? L’iniziativa non è nuova, ma non ne avevo mai sentito parlare: merita di essere rilanciata e quindi, nel mio piccolo, ci provo.
Non so quando e in che modo Gizmo ci farà conoscere i frutti di questa indagine, ma vi invito a compilare il questionario e a condividere questo post sui vostri social network per estendere l’invito a tutti i vostri colleghi architetti.
È probabile che io non abbia cercato abbastanza, ma non ho trovato nulla. Durante questa ricerca però, per il principio della serendipity, mi sono imbattuta nell’iniziativa che Gizmo ha chiamato #archiworkers: un’indagine rivolta ai collaboratori degli studi di architettura che ha l’obiettivo di far luce sulla loro condizione lavorativa.
Un’altra indagine? Beh, sì, ma un po’ diversa: intanto non è svolta da un organo istituzionale. E poi mira a far luce su come lavorano gli architetti all’interno di studi e società. Interessante, no? L’iniziativa non è nuova, ma non ne avevo mai sentito parlare: merita di essere rilanciata e quindi, nel mio piccolo, ci provo.
Non so quando e in che modo Gizmo ci farà conoscere i frutti di questa indagine, ma vi invito a compilare il questionario e a condividere questo post sui vostri social network per estendere l’invito a tutti i vostri colleghi architetti.
Se siamo tutti sulla stessa arca, almeno fatemi sapere se c’è anche il dodo.
1 commento su “Gli architetti? Nuovi dodo”